Nei primi anni '90, migliaia di DJ hanno dato voce a una nuova generazione di musicisti, selezionando e mixando la grande quantità di canzoni e suoni disponibili. Oggi una nuova generazione di cineasti può contribuire a trovare significati sempre diversi e storie da raccontare nel mare di video prodotti dalle persone ogni giorno.

Nel luglio 2015, durante il 22 ° Capalbio International Film Festival (Italia) (vedi video) abbiamo dato vita ad un primo esperimento. Una selezione di 7 cortometraggi è stata proiettato in una sezione, evidenziando la vita di comunità diverse, di adolescenti solitari, anziani, vagabondi isolati. Tutti i film hanno dato in pochi minuti una profonda comprensione su un nuovo modo creativo per raccontare storie, basate su migliaia di ore di filmati web “raw” o su altre fonti come film/foto degli archivi.

Sessioni di brainstorming Storyboomers con esperti di cinema e cross thinkers tenute alla fine del festival hanno definito il potenziale delle opere potenti di questi artisti: esprimono le voci e le storie nascoste al di là del flusso apparentemente folle di contenuti che noi esseri umani condividiamo tutti i giorni.

Che utilità sociale che portano? Come far sì che il mondo senta e ascolti le voci più lontane? Il cinema ha il potenziale necessario per svelare le realtà sociali nascoste dietro i frame.

I registi e artisti provenienti da tutto il mondo sono in movimento. Il neologismo STORYBOOMERS che abbiamo creato dà il nome a questa particolare generazione di giovani artisti e registi che, giorno dopo giorno, si immergono nel footage 2.0 e rivoluzionano il concetto di cinema du réel.

Il concept di Storyboomers ha appena oltrepassato i confini del Festival. Abbiamo deciso di impegnarci per dare voce alle comunità altrimenti emarginate.

FEDERICO PONTIGGIA

Critico e giornalista

Verticali che collegano, diversificano, stigmatizzano la New York che fu, la Barletta che è e il lavoro che non cambia e uccide ieri come oggi, mentre la fascinazione lascia alla rottamazione dello sguardo (Triangle); vestali senza pantheon che rompono tempo e consuetudine, e chiedono agli anziani delle loro madri, dei loro padri (N-Capace). Che cosa mettono in scena Costanza Quatriglio ed Eleonora Danco se non la riproduzione della realtà e la produzione di senso, quello che è invisibile agli occhi? E quale storytelling, quale azione narrativa perseguono? Lo chiamiamo cinema del reale 2.0, ed è quello a cui mirano anche i tutorial del make-up delle giovani israeliane (True Colors), l’uomo con la macchina da presa 2.0 (Go Pro), alias l’ambulante bengalese che si racconta per amore(Sexy Shopping), l’orso che prende il posto fotografico e ontologico del nonno che non è più (Bär). Che cosa significa raccontare oggi una realtà sempre più mediatizzata se non rifiutare l’intermediazione, e accogliere l’irresolutezza?

Laura delli Colli  

Presidente Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani

C’è un filo rosso che lega quest’anno nel nome del cambiamento la ricerca dei festival più attenti al nuovo. Il Laboratorio che Capalbio lancia quest’anno in sinergia con il Sundance – cuore di quest’edizione- ne diventa, simbolicamente, il nodo finale, unendo la sua tradizione di attenzione al linguaggio del cinema più giovane a quel senso della ricerca, dello scouting, della scoperta che ha segnato in modo speciale le tappe più recenti del suo viaggio.

L’attenzione che i giornalisti cinematografici confermano quest’anno al festival significa, dunque, innanzitutto curiosità per l’incontro speciale sul nuovo che il suo progetto propone, in un momento in cui inseguire le nuove proposte (non in Italia ma nel mondo e, soprattutto, tra schermi e rete) sembra finalmente una scommessa possibile.

Storyboomers, digital born, selfie-movies?  Se proviamo a declinare in un linguaggio più quotidiano le parole chiave di quest’edizione, forse in modo più ‘antico’ e tradizionale possiamo dire che Capalbio offre quest’anno un volo senza bagaglio verso una destinazione a sorpresa, attraversando in pochi giorni un Oceano per un mondo in realtà molto più vicino di quanto sia da sempre disegnato nella mappa geografica del cinema. Con una sola certezza per chi ha accettato di condividere il viaggio: sapere che l’arrivo sarà all’alba, un’alba di innovazione e di linguaggi trasversali oltre la ‘normalità’ di un cinema che ha profumato di celluloide per oltre un secolo e che ora ha soprattutto il sapore di una realtà da raccontare con lo sguardo di chi , nel mondo in cui tutti fotografano, filmano, raccontano, vuole vincere la scommessa del futuro già iniziato: scrivere con il mezzo apparentemente più ‘freddo’ che la tecnologia ci ha consegnato le piccole e grandi passioni del cinema di domani. Sarà davvero così?

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